Disabilità e lavoro: non se ne parla mai abbastanza e, sicuramente, conoscere bene normative e leggi può essere un’arma a proprio vantaggio.

Perché, secondo le statistiche, in molti casi i portatori di handicap continuano ad essere discriminati nel settore dell’impiego, ritrovandosi tra aziende che non li assumono, donne penalizzate e, persino a fronte di segnalazioni, multe mai realmente applicate.

Ma qual è la reale situazione in Italia?

La legge

Andiamo a guardare innanzitutto cosa dice la legge, nello specifico: tranne che in alcune eccezioni, le aziende con almeno 15 dipendenti e la pubblica amministrazione hanno l’obbligo di assumere persone disabili; il problema è che è proprio il sistema del collocamento mirato (introdotto da una normativa del 1999) a non riuscire a garantire l’inclusione.

Secondo i dati provenienti da una ricerca ricerca promossa dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro (l’indagine “L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia” presentata al Ministero del Lavoro in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità), al 2018 i lavoratori con disabilità erano quasi 360mila, in prevalenza uomini e concentrati nel nord Italia, di cui la maggioranza aveva superato i 50 anni; è risultato che, sebbene il 93,7% avesse un contratto a tempo indeterminato, si evidenziava un’alta incidenza di part time, soprattutto negli under 30.

Esaminando più a fondo i dati, però, ci si è resi conto che, nonostante tutto questo, c’erano ben 145mila posti di lavoro vacanti, cioè riservati alle persone con disabilità ma che ancora non erano stati coperti, con una forte sproporzione tra la domanda e l’offerta di impiego e una grossa difficoltà nel promuovere inserimenti stabili per gli iscritti alle liste di collocamento.

In sostanza, dopo vent’anni dall’approvazione della legge, quasi la metà di tutte le aziende tenute all’adempimento dell’obbligo normativo non è ancora in regola; un dato che ha generato molta indignazione.

Il nodo della questione

Ma quali sono le aziende meno adempienti? Dal dossier sembrano essere quelle più grandi (oltre 50 dipendenti), ma anche quelle appartenenti al settore pubblico: le amministrazioni statali e locali sono fuori legge una volta su tre.

Secondo il sindacato, tra i motivi della resistenza alle assunzioni c’è, purtroppo, ancora un forte pregiudizio culturale che considera una persona disabile un dipendente incapace o poco performante di default; ma c’è anche di più.

I continui tagli alle risorse hanno contribuito a ridurre – e in qualche caso addirittura ad azzerare – i servizi di formazione e di accompagnamento di Asl e centri per l’impiego, senza contare che non tutte le aziende hanno sede in strutture funzionalizzate al transito e all’accoglienza dei disabili.

E nonostante la legge preveda multe salatissime per gli inadempienti (si parla di centinaia di euro al giorno per ogni disabile in meno presente nel team di lavoro), nulla cambia poiché sono le stesse aziende a sapere che gli ispettorati sono a corto di personale e di mezzi per garantire i controlli e gli interventi a tappeto necessari.

Esistono, in questo marasma, esempi virtuosi, ma si tratta di eccezioni: oltretutto, sembra che il Job Act abbia peggiorato le cose, facilitando la scelta tra disabili più e meno gravi e permettendo, in sostanza, una vera e propria discriminazione a svantaggio dei primi.

Uno scenario che presenta i suoi picchi peggiori proprio al Sud.

Le soluzioni

Agire in controtendenza per sovvertire questo disequilibrio è fondamentale: bisogna eseguire politiche attive che mirino ad incrociare domanda e offerta, offrire percorsi di assistenza alle aziende, affiancare lavoratori e imprese – anche con convenzioni ed incentivi – e, soprattutto, fare informazione, operando in modo che cresca la sensibilità per questa tematica e si promuova, così, un salto culturale.

 

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