TFR-Cos’è-e-come-si-calcola-il-Trattamento-di-Fine-Rapporto

Il trattamento di fine rapporto è stato introdotto nel nostro paese nel 1982 e rappresenta un emolumento che spetta ad ogni lavoratore. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta e come si calcola il TFR.

Cos’è il TFR

Per capire cos’è il TFR partiamo dal glossario dell’INPS, che definisce il TFR come una “somma che il datore di lavoro deve corrispondere al proprio dipendente alla cessazione del rapporto, corrispondente alla sommatoria delle quote di retribuzione accantonate e rivalutate annualmente.” È stato introdotto nel 1982 con la legge n. 297 del 29 maggio “Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica”. Tuttavia, le origini di questo istituto risalgono già alla prima parte del ‘900, anche se all’epoca aveva caratteristiche molto diverse.

Come calcolare il TFR

Il primo passo da fare per calcolare il TFR consiste nel conteggiare la retribuzione annua, il cui importo è soggetto alla rivalutazione del TFR in base all’inflazione. Per ottenere il valore del TFR, bisogna poi aggiungere un tasso fisso dell’1,5%. Pertanto, come facilmente intuibile, il valore finale del TFR, dipendendo dall’inflazione registrata dall’Istituto, varia nel corso del tempo. Il sistema di calcolo è differente per quanto riguarda i lavoratori del settore pubblico. Infatti, in questo caso, bisogna prendere in considerazione una quota del 6,91% rispetto alla retribuzione annua. Nel caso di anno frazionato, il valore viene ridotto. Le voci escluse dal TFR Non rientrano nel TFR alcune voci. Tra queste ci sono i rimborsi spese, il valore del servizio mensa (Decreto Legge n. 333/1992, convertito nella legge 359/1992) e i compensi erogati a titolo occasionale. Inoltre, con la contrattazione collettiva possono essere escluse anche altre voci, a patto che siano definite in modo chiaro.

Quando si può chiedere l’anticipazione del TFR?

In alcuni casi, è possibile anche chiedere il TFR in anticipo. Tuttavia, in base all’art. 2120 c.c. (commi 6 – 11), impone alcune condizioni. Nello specifico, per ottenere in anticipo il trattamento, il lavoratore deve aver maturato almeno 8 anni di servizio con lo stesso datore di lavoro. Inoltre, l’anticipazione deve essere contenuta nei limiti del 10% degli aventi titolo e del 4% del numero totale dei dipendenti. L’anticipazione deve essere contenuta nei limiti del 70% del trattamento che spetta nel caso in cui cessi il rapporto alla data della richiesta.

Inoltre, la richiesta deve avere almeno una delle seguenti giustificazioni:

  • Acquisto della prima casa (anche per i figli);
  • Spese sanitarie per sostenere terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
  • Spese per i congedi parentali e per la formazione del lavoratore, come ad esempio i congedi per la malattia del bambino o per la partecipazione ad attività formative extra-aziendali.

È bene chiarire che le condizioni per ottenere un anticipo di TFR possono variare anche in base a quanto stabilito dai contratti collettivi. Infine, in base all’art. 4, c.3, Legge 297/1982, non è previsto il diritto all’anticipazione per i lavoratori dipendenti di aziende dichiarate in crisi.

Cosa succede al TFR in caso di fallimento dell’azienda?

L’ultimo caso che approfondiremo riguarda quello del fallimento dell’azienda. Come funziona il TFR in questa situazione? In caso di insolvenza del datore di lavoro, così come previsto anche dalla Sentenza della Corte di Giustizia Europea Francovich c. Italia del 10 novembre 1991, cause riunite C 6/90 e C 9/90, i lavoratori possono accedere ad un fondo creato appositamente dall’INPS, noto con il nome di Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto. È possibile accedere al fondo in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo o in caso di pignoramento infruttuoso. Quest’ultima ipotesi si applica solo nel caso in cui i datori non siano assoggettati a fallimento. Il fondo è costituito attraverso un contributo pari allo 0,5% sulle retribuzione.